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al testo di Romana Ricciardi
Luci d’inverno
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strenuamente declinando in basso ascendo e lì ti trovo perduto in un roseto tra le spine dietro l'ovale di una foto la prima a smarrirsi ricordo, fu la voce ma tu avresti potuto dirmelo quel male che s'annida nelle ossa -se è destino al figlio di rasentare il padre- e di quel filo rosso potevi dirmelo che stenta a coagulare ma già tu avevi la tua luce e la mia che non si è accesa mai forse solo un altro cruccio alle tue spalle eppoi lasciare, m'hai lasciato con i miei gigli ancora infondo agli occhi e dopo tutto questo tempo attesa adesso all'ora della sera rimango sola col mio nome stretto tra le mani e tu che ancora mi guardi tra le rughe dello specchio attraverso le fessure tu, avresti dovuto dirmelo di questo mondo che è impossibile a salvare viviamo apocalissi quotidiane dovevi dirmelo che inane è ogni tentare
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Romana Ricciardi
- 21/12/2015 21:47:00
[ leggi altri commenti di Romana Ricciardi » ]
Cara Franca, ti ringrazio; non solo per la generosità del tuo commento, ma anche e soprattutto per la tua disponibilità allascolto. I miei auguri più sinceri. Un saluto R.R.
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Franca Alaimo
- 21/12/2015 01:18:00
[ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]
Questa è la più bella poesia di Romana che finora io abbia letto tra quelle presentate in questo sito. Bella non solo perché ha trovato una scrittura ariosa ed elegante, ma perché ha saputo disegnare la sua relazione affettiva con il padre attraverso la metafora di un roseto ricco di fiori bellissimi e di spine. Affinità e contrasti che hanno intessuto un amore profondo, del quale fa parte anche, da parte del padre, il silenzio sul male del mondo. E Romana lo sa: per questo il suo rimprovero rivolto al padre è solo apparente; e perciò struggente.
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